La divisione giudiziale, cioè lo scioglimento della comunione che interviene quando non vi sono possibilità di accordo e quindi in seguito ad un procedimento civile iniziato da uno o più condividenti, è connotata da una disciplina simile a quella della divisione negoziale.
Nel giudizio di divisione della cosa comune, il risultato finale - della trasformazione dei diritti "pro quota" dei singoli partecipanti in altrettanti diritti individuali di proprietà esclusiva su concrete e determinate porzioni di beni comuni - si attua attraverso tre fasi fondamentali: la fase della c.d. assificazione, quella della formazione delle quote e quella della attribuzione. Tale sequenza ha carattere progressivo per cui non possono i condividenti chiedere direttamente l'attribuzione senza che il giudice abbia previamente disposto il progetto di formazione delle quote ed abbia precisato le modalità della divisione, dando disposizioni in merito all'estrazione a sorte dei lotti. Ne consegue che, ove al progetto divisionale non siano state sollevate contestazioni ed esso sia, conseguentemente, divenuto esecutivo, il giudice deve provvedere, con ordinanza non impugnabile, all'attuazione di tale progetto e dare disposizioni in merito all'estrazione a sorte dei lotti.
Cassazione, sentenza 4 marzo 2011, n. 5266, sez. II civile
Riferimenti normativi: Cod. Proc. Civ. artt. 785 e 789